Tarlo e la magia del bucasecchio
di Chiara Bruschi, da Un Castello per le fiabe 2014/3
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Certo che ce ne sono di storie strane di paese, alcune tristi, altre d'amore, altre ancora di miti e di eroi… ma questa storia che voglio raccontare è diversa dalle altre… è la storia di un certo Carlo Taccolini, alabastraio volterrano. Ragazzo buono e onesto, lavoratore serio ed affidabile, stimato da tutti. Però, c'è un però, aveva una particolarità. Carlo si confondeva un po' con le parole… insomma, aveva un singolare modo di tartagliare, o per meglio dire, di confondere le sillabe di una frase, tanto che a volte ne cambiava il significato o addirittura venivan fuori parole nuove.
Infatti il povero Carlo, quando doveva presentarsi dicendo nome e cognome, così a bruciapelo, nella bramosia di dirlo tutto subito, intrappolava le parole tra denti e lingua e alla domanda: «Chi sei tu?» lui rispondeva: «Tarlo Caccolini!» e giù via tutti a ridere!
Tanto che ormai in tutta Volterra era conosciuto con il nome di Tarlo, per evitare di fargli dire ogni volta anche Caccolini, che non era poi così elegante!
Ed il povero Tarlo, il suo tarlo ce l'aveva davvero. Anche andare alla bottega a comprare i generi di prima necessità era diventato un problema: tarlo: «Vorrei un PILO DI CANE!» chiedeva al fornaio, volendo solo un chilo di pane.
Era davvero disperato e oltretutto era una vera frana con le ragazze. Lui provava a corteggiarle e a dire delle cose carine: tarlo: «Oh che BELARDO SGUADELLO è MELESTE come il CARE!» oppure «PIGNORINA, è un SEDERE vedervi!»… cosa capite voi senza traduzione? Infatti le ragazze se ne andavano indignate ed offese, quando le intenzioni del povero Tarlo erano solo quelle di salutare una bella signorina esternando il suo piacere nel vederla!
Con l'aiuto delle sue due sorelle, Matilde e Fortunata, che nel gergo di Tarlo diventavano sempre «Renilde e Matata» o «Natilde e Ramata» il povero Tarlo iniziò prima a scrivere quello che voleva dire e armato di foglietti in tasca, leggeva pian piano quello che desiderava chiedere. Ed il metodo funzionava, almeno riusciva a comprarsi una bella Crostata di More senza chiedere una MORATA DI CROSTE, che magari fa anche un po' schifo!
Ma la conversazione era davvero difficile per Tarlo, che il quel caso non poteva prepararsi alcun foglietto!
Un giorno, trovandosi a Lari per delle consegne, vide, proprio sotto il teatro Umberto I, la bottega di Chincaglierie. Preso dalla curiosità entrò, cercando una qualche soluzione al suo problema
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